Elenco sommario dei mali della nostra società: i preti, gli psicofarmaci e il Tg1. La Tosse Grassa li riduce in poltiglia, nemmeno fosse Burzum.
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Vark Vikernes, in arte Burzum,
passava il proprio tempo libero a bruciare chiese. Un hobby quantomeno
discutibile, le cui origini non sono facili da comprendere: forse sarà
stata una scelta di vita o può anche darsi che appiccare il fuoco alla
casa di dio possa far comodo per qualche motivo, specie nel caso
riuscisse a dare una mano in fase di creazione artistica. Più intuibili
le motivazioni che hanno indotto la Tosse Grassa ad aprire il disco
d’esordio con una canzone dedicata al metallaro norvegese, con il quale
sembra esserci un’unità di intenti riassumibile in una parola d’ordine:
distruggere. Non le chiese (quelle del maceratese, a quanto ci risulta,
sono ancora più o meno integre) ma la società in cui viviamo, le sue
ipocrisie, il suo perbenismo.
Nel ruolo di one-man-band (esattamente come Burzum, quando dici la
casualità), Vanni Fabbri prova a ridurre in pezzi il conformismo della
nostra italietta affidando la sua cifra stilistica a un mix di violenza
verbale e sarcasmo, testi al veleno e fiero anticlericalismo,
individuando in preti pedofili, psicofarmaci, informazione dopata (dice
qualcosa il titolo del disco?), sessismo e televisione i principali
nemici della nostra razionalità Ad ascoltare “Tg1” saltano in mente i Gaznevada degli esordi ma anche Elio e le Storie Tese
prima che indossassero i guanti, confronti che poi sfumano di fronte al
feroce taglia e incolla operato all’interno delle singole canzoni,
piene di spezzoni rubati un po’ dappertutto (si dice ancora
campionare?), dal microcosmo metallaro fino al pop da classifica, non
disdegnando un massiccio uso del trash più bieco targato anni ’80 (c’è
anche il “Gioca Jouer” lì in mezzo, per dire).
Pugni ben assestati dritti nella faccia dell’italiano medio, che
rendono l’esordio della Tosse Grassa dissacratorio e straniante, quasi
(quasi) come un’opera di Frank Zappa,
con la stessa ironia di fondo ma se possibile ancora più feroce.
Mezz’ora scarsa per incazzarsi e ridere al tempo stesso delle
distorsioni del nostro tempo. Non è poco. Burzum applaudirebbe convinto.
Giuseppe Catani, ROCKIT
www.rockit.it
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