venerdì 31 gennaio 2014

Recensione di "TG3", da KATHODIK

Non ci ha dato nemmeno il tempo di distrarsi qualche mese che siamo di nuovo qui col terzo album dei cari pazzi amici (sì ok, è solo Vanni Fabbri) de La Tosse Grassa. Fortunatamente, lo ritroviamo più o meno nella stessa melma incazzosa in cui li avevamo lasciato.
Inizia una mattinata vomitando qualcosa di "verde pazuzu" e volteggiando qui e lì, lasciandosi poi in un delirante blast beat strillando "la vita è beeellaaaaaaa, sette spose per sette fratelliiiiiiiiii" in un semi-growl ignobile. Confesso che mi è proprio mancato nel suo dolcissimo odio viscerale verso tutto e tutti, in primis, ovviamente, la SIAE.
Mancano un po' le tematiche omosexual stavolta, a favore di racconti tragici come quelli che troviamo in Santo subito, dove la voglia di spararsi un pippone in terrazzo va a sostituire quella di suicidarsi e volersi ritrovare magnificato dopo la morte; tutto su una base italo-wave goduriosissima.
C'è anche spazio per della sana marchigianità, che qui su Kathodik ovviamente comprendiamo bene (o compatiamo? non mi ricordo) che si conferma benvenuta, specialmente dopo che ci hanno strarotto i coglioni per anni con la Romagna, Milano e Roma.
Insomma, se avete goduto con TG1 e successivo, direi che non c'è motivo per non far godere altrettanto il vostro glande con questo nuovo capolavoro imbevuto di bestemmie, melodie rubate e talento davvero malcelato. Per quanto mi riguarda, ero già straconvinto quando ho sentito la colonna sonora di 'Nekromantik' in Ghigliottina e lanciafiamme. Chapeau, Vanni, chapeau.




Damiano Gerli, KATHODIK
www.kathodik.it

giovedì 16 gennaio 2014

Recensione di "TG3", da ROCKIT

Bestemmia, ruba (senza virgolette) pezzi di canzoni agli altri, è politicamente scorretto, se ne fotte della sacralità della famiglia e delle istituzioni. Chi è? Certo che è lui: Vanni Fabbri, aka La Tosse Grassa. È una fortuna incrociare (magari non al buio e nemmeno in una strada senza uscita) un deviante maledetto al di fuori di ogni schema: uno così non capita a tiro tutti i giorni, meglio tenerselo stretto, che magari la prossima volta te la devi vedere con il fighetto di turno, nerd, stracciamaroni e vestito color pastello, sai che divertimento.

Non per nulla, “Tg3” è la conferma del talento dell’agitatore marchigiano, della sua capacità di gettare benzina sul potenziale esplosivo del perbenismo italiota, di non avere peli sulla lingua riguardo argomenti come l’omosessualità, il consumismo o l’immigrazione. La Tosse Grassa è violenza verbale, sarcasmo elevato alla massima potenza, crudezza allo stato puro (“Hanno le manine” narra di un bidello pedofilo, e mette i brividi…), insieme di citazioni che vanno dai CCCP a Dario Fo passando per Gianni Meccia. La solita tecnica, quella della contraffattura (creare nuovi testi su melodie già esistenti) muove i fili dell’album, ma qui si va in profondità, con taglia e incolla come sempre complicati (provateci voi a mettere insieme Vangelis, i Guns N’Roses, Pupo e – chi??? – John Boy Walton), sintomo di una conoscenza pressoché sterminata dell’universo pop, che in “Tg3” spazia dai Franz Ferdinand alla letteratura dance-tamarra di ogni decade (c’è anche “Let’s all chant”, per dire). Last but not least, il terzo album di Vanni Fabbri ha il merito di lasciare campo libero alla marchigianità. Peraltro giustamente: mai capito perché l’immaginario della musica tricolore debba contenere soltanto vie Emilie, milanesi che ammazzano il sabato, cazzi e murazzi di ogni dove. E i pistacoppi di Macerata? Non hanno anche loro diritto di cittadinanza? E la gioventù inquieta di Falerone? Ne vogliamo parlare? A proposito, chi non conosce la barzelletta di quello che da Falerone vuole andare a Pechino in treno non è degno di considerarsi membro dell’umanità. E nemmeno di ascoltare La Tosse Grassa, ovvio.




Giuseppe Catani, ROCKIT
www.rockit.it